Carla Cristofoli intervista Carla Pisu, l'autrice del romanzo "Qualcosa per cui vivere", ed. Logus mondi interattivi
Questa storia si legge facilmente, la scrittura è semplice ed agile. Sembra che tutto sia sin dall'inizio già scritto nella testa della scrittrice. La storia: una piccola bambina ritrovata ai piedi della porta di un convento, quattro amorevoli suore e un giardiniere vedovo se ne occupano e se ne occuperanno fino alla maturità esistenziale di questa bimba.
Ecco le mie domande:
1. La maternità è un argomento forte nella tua storia, declinata in diverse costanti: Beatrice, Marina ed infine le quattro suore che si occupano di Bianca, la protagonista. Qual è il rapporto tra queste donne, cosa le lega o le separa, quale idea di madre volevi trasmettere?
1R. L’idea di questo gruppo femminile che, a suo modo esprime l’essere madre, è legato ai vari aspetti che ho potuto cogliere osservando le donne. L’amore di suor Amelia è fortemente ispirato alla saggezza che ho percepito durante l’infanzia da parte di mia nonna Maria e che è ancora radicato in me.
Beatrice rappresenta la rinuncia e l’amore difficoltoso di tante madri lasciate sole a se stesse. In Marina si possono cogliere le titubanze di una madre indecisa, con profonde lacerazioni interiori che solo grazie ad un percorso di crescita riuscirà a ricucire la sua anima.
A saldare il loro legame c’è Bianca, la bimba che, come solo i bimbi sanno fare, impersona la purezza e ci lascia disarmati di fronte all’amore.
Qualunque sia il percorso iniziale di ogni donna credo fortemente che la maternità debba essere vissuta come un dono che può far arricchire e far evolvere l’individuo. Le donne sono uno scrigno preziosissimo e hanno il dono di custodire gioielli inestimabili dentro di sé.
2. Non è trascurabile neanche il ruolo paterno in questa tua storia. Antonio e Andrea, ognuno a suo modo ha un ruolo di padre. Puoi parlarci di questo duplice rapporto? Come l'hai costruito?
2R. Antonio è un uomo dolcissimo, forse quello che ho sentito di più a livello emotivo, che porta il nome e riprende il carattere del mio nonno materno. Nel mio romanzo ho assegnato ad ogni personaggio il nome di persone a me care ed ho miscelato vari aspetti della loro personalità inserendoli nei protagonisti. Andrea ha davanti a sé una terra inesplorata che percorre con fiducia e positività, Antonio, seppur con la saggezza acquisita con gli anni, tentenna e si pone mille domande. Entrambi possiedono due bellissime anime che ben si amalgamano quando il fine comune è la felicità condivisa.
3. Un altro argomento che hai in più punti affrontato è il sentimento religioso, un progetto universale incomprensibile che ci sovrasta, l'idea di una vita ultraterrena, ma anche di rassegnazione ed accettazione degli eventi anche molto dolorosi e altri sentiti quasi come segni divini. Vuoi parlarmi di questo sentimento, ti appartiene o ne hai fatto un semplice motivo di stile al fine di sviluppare la tua storia?
3R. Questa domanda mi fa’ sorridere perché mi è stata posta varie volte e ho la possibilità di rispondere per iscritto. La verità è che pur non essendo molto legata alla mia religione di nascita (cattolico-cristiana) ne ho comunque molto rispetto. L’idea di ambientare la storia in un convento è stata una semplice sfida con me stessa. Ricordi quando la maestra assegnava parole a caso per la costruzione di una storia? Ecco, tutto è partito da un esercizio di scrittura creativa che poi mi ha coinvolto per 250 pagine. Con gli anni ho voluto approfondire la storia di alcune religioni come il Buddhismo, l’Induismo, l’Animismo, l’Islam, oltre a quella cristiana, arrivando ad apprezzare i vari aspetti di ognuna. Amo i luoghi sacri dove percepisco una profonda energia positiva. I conventi, le cattedrali, i monasteri, le moschee, i minareti sono costruzioni architettoniche che mi affascinano enormemente.
Sento di appartenere alla Madre Terra, credo nell’energia positiva e venero gli dei egizi Iside e Osiride che altro non sono che la Madonna ed il suo sposo. Qualunque sia il nostro credo solo con il rispetto possiamo interagire e vivere in pace col prossimo. Addentrandomi in una religione e scrivendo con rispetto di miti che non sento appartenermi fino in fondo li difendo come se lo fossero.
Ho rispetto della fede perciò che tu voglia credere in Gesù, in Horus o in una pietra per me non fa’ alcuna differenza, purché illumini la tua strada e ti consenta di amare le diversità degli altri.
4. Nella prima metà del romanzo Bianca è bambina. Mi colpisce la Bianca bambina, parla e ragiona come un'adulta. Chi è veramente Bianca? Perché il suo essere bambina prende tanto spazio nel racconto?
4R. Bianca sono io, è mia sorella, mia madre, sei tu che mi poni questa domanda, è il lettore che ora legge queste righe. Bianca rappresenta e raccoglie la purezza dell’essere bambina, è il nostro bambino interiore che con saggezza dobbiamo custodire ed ascoltare senza mai scordarci della sua felicità. E’ “il fanciullino” descritto dal Pascoli che guaisce ferito ma che poi si risolleva. Bianca è tutto quello che di buono puoi trovare in te stesso. Quando rileggo alcuni passi del mio romanzo mi sorprendo enormemente. Bianca è capace di scuotermi e di commuovermi (giuro!) ogni volta.
5. Devo confessarlo: il personaggio più riuscito della storia, quello più completo eppure quello meno presente nella storia è Beatrice, questa madre negata, questa donna in fuga, questa figlia ribelle e ostinata. Devo dire che li' hai fatto un piccolo capolavoro, hai concentrato in questo personaggio tutte le caratteristiche femminili che hai diluito negli altri personaggi femminili lungo tutto il romanzo. Parlami di lei? Come l'hai costruita? Esiste un personaggio femminile reale a cui ti sei ispirata?
5R. Quando costruisco un personaggio mi lascio ispirare totalmente dalla mia creatività. Dicendo che ho letteralmente sognato ad occhi aperti, vedendo questo personaggio nella mente, non esagero. Prima, “viaggio” con la fantasia lasciandola fluire senza nessuna costrizione poi dopo un numero ragionevole di appunti sparsi inizio a delineare i vari personaggi. L’istinto e l’ispirazione sono i miei più cari amici.
6. Beatrice poi è una grafomane, non parla tanto, ma scrive moltissimo, sono deliziose le sue cartoline e i suoi appunti sparsi, che parlano di lei e dei suoi viaggi nel mondo. Perché non le lasci il tempo di parlare e preferisci farle scrivere la sua storia?
6R. Beatrice uguale scrittrice. Grafomane come me, che preferisco scrivere anziché parlare perché riesco a comporre meglio i pensieri che fuoriescono dal mio animo. Me, che colleziono cartoline dal mondo e amo viaggiare fisicamente e mentalmente.
Una scrittrice che ama i bambini e che pur non essendo ancora madre prova ad immedesimarsi in quel ruolo, per vedere l’effetto che fa’, ma senza immergersi completamente perché sa’ bene che questo è solo un gioco e che all’ultima pagina dovrà chiudere il libro e lasciare la sua Bianca a se stessa.
Questa è una delle mille sfaccettature di questo personaggio che fugge nella speranza di capire il suo ruolo nel mondo.
7. Scrigni misteriosi si aprono e si chiudono: in scatola sono i ricordi di Bianca la moglie di Antonio, in scatola i segreti di suor Amelia, in scatola le cartoline di Beatrice, persino il ciondolo della giovane Bianca è una scatola che si apre per mostrare le immagini delle donne da cui lei stessa viene. Come posso interpretare questo segno ricorrente?
7R. Cosa c’è di più affascinante di una scatola chiusa che misteriosamente svela i suoi contenuti? Tutti cerchiamo un luogo inaccessibile dove custodire i nostri segreti, che sia un cuore o uno scrigno non fa’ differenza, perché ad un certo punto dovremmo alleggerirci l’animo svelandone i segreti.
Questo è l’amore, una condivisione che ci porta ad avere fiducia nel prossimo. Poco importa se verremo delusi, l’uomo è capace di risollevarsi sempre, l’importante è il viaggio, gli insegnamenti e le sensazioni che essi ci provocano.
8. Alla fine ci sono tutti, gli eterni ed inseparabili amici e quelli che presumibilmente occuperanno il futuro di Bianca. È una famiglia molto allargata fatta di molte persone, legate da rapporti di sangue e non. E' un'idea moderna di famiglia? E' la tua idea di famiglia?
8R. E’ una grande famiglia con padri, madri, zie, pseudo nonne e tanti amici. Molto unita e pronta a difendere la felicità dell’altro. E che si ama. Null’altro ha importanza. O no?
9. Bianca avrà un seguito o stai pensando a nuovi progetti?
9R. C’è un progetto che riguarda Qualcosa per cui vivere ancora abbozzato. Non voglio svelare altro per il momento. Lo scrigno si aprirà più avanti.
10. Chiudi l’intervista con un breve estratto del suo libro.
“La bimba fu chiamata Bianca come la compianta moglie del giardiniere,
morta dopo dieci anni di matrimonio. Quando una brutta polmonite
gliela portò via a soli trent’anni, lui non riuscì più a darsi pace, visse nel
suo ricordo e non pensò mai di risposarsi. La piccola Bianca fu per lui un
dono del cielo. Antonio era di altezza media, con i capelli brizzolati e gli
occhi chiari. Vedovo, senza figli e sulla soglia dei cinquant’anni, passava
le sue giornate ad aiutare le suore e a curare l'immenso giardino. Ora,
trascorreva il suo tempo libero con la bambina, riversando su di lei tutto
l'amore di un padre.
La casetta dell’uomo, a pochi metri dal convento, si componeva di una
piccola cucina arredata in modo sobrio ma di buon gusto, una camera da
letto, un bagno, un ripostiglio ed un’altra camera da letto che avrebbe
dovuto ospitare i figli mai nati. Antonio era stato assunto come
giardiniere, ma in seguito prese ad occuparsi anche delle galline e di
qualche oca, alloggiate in un caseggiato poco distante. Viveva in quella
casa ormai da trent’anni e ovunque si poteva notare il tocco della signora
Bianca che l'uomo non aveva voluto cancellare: le tende a fiori, molto
femminili e amate dalla signora, non erano mai state sostituite. Il
materiale da ricamo sulla credenza, sembrava appena posato da lei dopo
un'ora di lavoro. Sul ripiano del bagno vi erano ancora il suo profumo
preferito e i pettinini che usava per acconciarsi i capelli.
La casa era invasa dalle fotografie della donna e spesso Antonio, seduto
sulla poltrona, ascoltava la musica che un tempo amava ballare con lei,
ricordando i momenti felici della loro storia d’amore. Le suore erano
molto buone e lui era affezionato a tutte ma nutriva una profonda stima
per suor Amelia. Per Antonio era sempre stata un'amica preziosa e gli fu
di grande conforto quando la signora Levi morì.”
Carla Cristofoli, Carla Pisu.
Un ringraziamento particolare a Francesco Cocco che ha curato l'immagine di copertina.
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