giovedì 29 agosto 2013

La Recensione del romanzo a cura di Alice Tafuri


Mediterranea – Venti da Sud-Ovest

Un’isola avvolta dal mare come un bambino avvolto dal liquido amniotico. Un luogo dove il susseguirsi delle ore è scandito dall’ondeggiare del mare. La calamita della bussola “Mediterranea – Venti da Sud-Ovest” è l’isola di San Pietro. Un’ Itaca moderna.
L’antico eroe omerico, Ulisse, dopo aver varcato le colonne d’Ercole, è tornato. Il re, che ritorna alla sua isola, sdoppiandosi in un giovane cavaliere Lluis Antoni Canyelles, e, in un saggio Rais d’ Occidente, Hassan Ben Youssuf. Trovando come unione, tra il giovane e il saggio, il moderato Paolo Parodi. Un Ulisse uno e trino. Un antico re affiancato dalla sua antica regina. Penelope. Una giovane Penelope, Francesca Cavassa, che ha in grembo il futuro, la speranza. L’anziana Penelope, Nettigna, colei che “vede”, anticipa. L’ equilibrio tra la giovane e l’anziana regina è Giovanna Buongiardino, l’ostetrica dell’isola e intima confidente di Nettigna.
Inizialmente il racconto sembra “imitare” il tranquillo ondeggiare del mare ma una piccola scossa porta il lettore a voler posare la mente nella quiete della terra ferma. La vittima di questa piccola ondata è Bartolomeo Bennizzi, una sorta di Jago shakespeariano. L’anima nera del luogo. Dalla terra ferma si vorrebbe risalire a bordo e dare uno scossone al timone per vedere il Bennizzi cadere e lasciarlo soffocare nei suoi stessi conati di vomito, nella vana speranza che ci lasci già all’inizio della storia.
La lettura procede inoltrandosi negli odori, nei rumori e nelle pieghe delle vesti dei personaggi. Salsedine, fiori, vociare e la polvere che si solleva dall’ asfalto accompagnano per tutto il percorso del libro. L’autore ci porta sull’isola. Sembra di violare, invadere l’intimità degli isolani. Si entra nei loro abitacoli, si vive con loro, spiandoli. Per chi segue il racconto l’isola non ha più segreti, ne percepisce gli spazi e la luce che da essi si emana. Si è sull’isola.
Un’ isola non è un’isola senza il suo mare. L’avvolge, la cinge come un gesto d’amore. Le onde che si susseguono sono carezze verso il luogo che circondano. Ma anche la terra ha le sue onde. Onde di sabbia. Polvere, sabbia, sole e silenzio. Al di là del’isola, al di là del mare. Il deserto. Un luogo di riposo per il lettore prima dell’ “evento”. Il silenzio può essere premonitore di quell’ira che solo l’essere umano può coltivare in grembo. Per poi tornare quel silenzio annunciatore di morte. 
Si naviga il mare per tornare a San Pietro. C’è una data nel racconto. 3 Settembre 1798. Il silenzio è interrotto da un vagito.
Si rimane sospesi, impotenti domandosi Perché? La risposta è celata nella mente di chi perderà la memoria. Tornerà la memoria ma in un altro tempo e in un altro luogo.
Qui si arresta lo sguardo del lettore. Forse si è giunti alle colonne d’Ercole e oltre non è dato remare. Un giorno, chissà, un Ulisse moderno ci racconterà.

Ringrazio Mariano Strina autore e artefice di questo bellissimo "viaggio"

Nessun commento:

Posta un commento

Lascia un tuo commento. sarà molto utile.