Parlando di libri, di De Andrè e ...
Come
nasce il libro?
Inizialmente
era un’idea per pubblicare una brochure, un editore Sardo era
interessato alla pubblicazione ma essendo un piccolo editore gli
venne l’idea di creare una mostra sulla falsariga del libro. Poi
pensava di chiedere finanziamenti pubblici per un catalogo della
mostra. La verità è che quando in un progetto come questo fai
entrare tutto, alla fine va a ramengo anche il progetto. Quindi messo
nel cassetto il progetto della brochure, ho voluto sperimentare il
formato eBook, e la Logus Mondi Interattivi, sempre Sarda, ha deciso
di scommettere su di me e su Fabrizio De André.
Perché
De André?
Primo,
perché ho avuto l’onore di conoscerlo e di essergli stato amico.
Ci siamo conosciuti durante il processo della banda che sequestrò
Fabrizio e Dori nell’agosto 1979 all’Agnata, poi col tempo ci
siamo rivisti due o tre volte sempre all’Agnata, che nel frattempo
era diventato un buon agriturismo.
Quelle
foto sono una testimonianza degli ultimi mesi di Fabrizio, non stava
bene, pensava ad un’influenza, invece era cancro, quella maledetta
“bestia”.
Quanto
il tuo passato di fotoreporter ti ha aiutato nel tuo lavoro?
È
stato determinante, la decisione di corredare il semi-posato di
Fabrizio a quattro canzoni del suo repertorio illustrate con immagini
prese dal mio archivio, hanno fatto si che il lavoro, con qualche
aiuto per i testi da parte di mio fratello Tore, fosse bell’e
pronto.
Montidi Mola, ad esempio, l’ho accompagnata con immagini che hanno
più di 10 anni. Immagini della Costa Smeralda fatte nel tempo in cui
il digitale era fantascienza. In Boccioli di rosa (Bocca di
rosa). Anche qui la mia
natura da reporter mi ha aiutato con due servizi fotografici uno del
1988 e l’altro del 2005 sulla prostituzione in Sud Corea e in
Colombia. Nuvole, è quello che mi ha dato più soddisfazione.
Ho sempre avuto la singolare abitudine, quando arrivavo in un posto
nuovo, di fare una foto al cielo e alle sue nuvole, come primo
scatto. Ecco perché alla fine abbiamo nuvole fotografate negli anni
70 e nuvole di qualche mese fa. In Hotel Supramonte, ho avuto
solo l’imbarazzo della scelta. Ho iniziato la mia carriera seguendo
malviventi e vittime, quindi puoi immaginare quanto sia “poderoso”
il mio archivio.
Cosa
pensi del mercato on-line del libro e se i lettori elettronici di libri hanno futuro?
Certamente.
E due episodi recenti, mi hanno dato una visione sul futuro del libro
digitale. Il primo una email ricevuta dal Canada, un signore mi
chiedeva dove poteva comprare l’ultimo mio libro “La bamba”. Io
ho provveduto a dargli l’indirizzo dell’editore, per acquistare
la versione digitale. Dopo due settimane mi ringraziava e spiegava
che in pochi minuti aveva acquistato e scaricato il libro.
Dimenticandosi, magari, di dirmi se gli fosse piaciuto.
La
seconda quando andai con un collega ad una conferenza all’Universidad
Javeriana di Santiago de Cali, sulla ricorrenza dei 500 anni de “Il
Principe” di Nicolò Machiavelli. Sala colma di giovani,
tutti o quasi tutti, con il loro iPad o i loro Tablet. È questo il
futuro che ti dice: “guardati intorno è capisci”
Oggi
vieni accreditato come reporter di guerra. Quando un libro sulla
guerra?
Presto,
molto presto. Prima facciamo uscire un libro sul caffè. Sono stato
nel Quindío, una regione del cafetero, la culla del caffè in
Colombia. Voglio raccontare questa bevanda conosciuta in tutto il
mondo, la bevanda più conosciuta e bevuta nel mondo. È un lavoro di
oltre un anno, ha collaborato per i testi Pablo Morales giornalista
del posto. Raccontiamo il caffè dalla pianta alla tazzina. Insomma
prima ci beviamo un buon caffè e poi parliamo di guerra.
Lo
niños y la guerra, è un libro che vuole raccontare il conflitto
in Colombia con gli occhi dei bambini, con mie foto e di Jaime
Saldarriaga fotoreporter della Reuters in Colombia. Tutte e due i
libri verranno “pubblicati” in doppia edizione, in Italiano e
Spagnolo, vogliamo ondare il mercato Spagnolo e dell’America
Latina. Ho anche un’idea sulla fotografia del viaggio, e di una
collana naturalistica.
Fotografo
di viaggio, non pensi che sia un argomento troppo sfruttato?
No,
c’è sempre qualcosa di unico da raccontare in un viaggio. Poi il
viaggio come l’intendo io è qualcosa di molto personale. Pianifico
sempre, ma spesso mi affido al caso.
Torniamo
a De André, pensi che possa esser tradotto in diverse lingue?
Si,
certo, ne sono convinto. Un giorno a Mosca un medico di Baku, mi pare
un pediatra, mi chiese se potevo procurargli un Lp di Celentano ed
uno di Fabrizio De André. Da poco, qui in Colombia ho conosciuto un
ragazzo con la passione della chitarra e in mio onore strimpellò
alcuni motivi di Fabrizio.
De
André è patrimonio di tutti, la sua musica i suoi testi dovrebbero
esser decretati patrimonio dell’umanità.
Oggi
vivi qui in Colombia per le vicissitudini ormai note, cosa ti
piacerebbe raccontare di questo paese?
La
Colombia è un paese meraviglioso, ma con forti contraddizioni: il
conflitto militare, il narcotraffico stanno indebolendo questa
Nazione, allontanano i capitali stranieri e mortificano la speranza
della gente. Vorrei raccontare la cocaina, la guerriglia a modo mio.
A dire il vero con “La bamba” non ho raggiunto lo scopo che mi
ero prefisso, quindi vorrei riprovarci con un nuovo editore, vediamo
se Logus mi vuole seguire in questa mia “impresa”.
Cosa
è stato per te De André?
Per
me, ma anche per non meno di altre cinque generazioni di ragazzi, e
stato uno dei protagonisti di un diverso approccio nel modo di
guardare la realtà. Per questo a noi, che abbiamo goduto delle sue
intuizioni e dei suoi cantici, tocca spiegare ai figli, ai propri
nipoti chi fosse Faber, dentro e fuori la scorza del menestrello di
costume. La sua poesia, senza barriere e senza confini, ha ancora
qualcosa da dire a chi, oggi più che ieri, ha perso persino il gusto
di coltivare la speranza. Perché Manuel mio figlio grande, che oggi
è un affermato rapper di avanguardia, ha imparato ad amarlo grazie a
me, ora tocca a Valentina e Francesco gli ultimi due arrivati in casa
Zappadu, 7 e 5 anni. Anche loro impareranno ad amare Fabrizio De
André. Perché? Non so dare una risposta, so solo che amare Fabrizio
viene facile e semplice.
Cosa
ci regali nel prossimo futuro?
Come
ho già detto un libro sul caffè, uno sul conflitto colombiano visto
con gli occhi dei bambini, e sicuramente tre eBook sulle orchidee. È
un fiore che mi fa impazzire, spero di terminare i miei giorni
coltivando orchidee, ma per questo ci vuole tempo a disposizione e
testa e per il momento non ho nessuna delle due cose.
Ci
siamo prefissi dieci domande ma non posso non fartela... Tu hai avuto
una notorietà internazionale sulle foto fatte a Berlusconi, quando
potremo vederle in un libro?
Mai,
giuridicamente mai. Sono foto inibite dal garante della privacy e
sequestrate da diverse magistrature. Però stiamo pensando ad un
editore che goda della extraterritorialità, per bypassare la
censura, magari qui in Colombia.
Una
sorta di operazione Ecoprensa come nel 2009 ? -
Si,
esatto. Ecoprensa è stata un’operazione magistrale, abbiamo
spiazzato Berlusconi ed il suo iureconsultore Ghedini. Abbiamo
venduto senza incorrere in alcun reato di ricettazione.
Estero
su estero, Ecoprensa ha venduto dalla Colombia a El Pais in Spagna,
senza che il Garante e la Magistratura Italiana potessero intervenire
per bloccare la vendita e la pubblicazione, tutto era fuori dalla
loro giurisdizione. Scacco matto.
Certo
pensare di pubblicare 20mila foto, sarebbe inutile e
controproducente. Il book sarebbe un mattone, ma facendo una buona
cernita di 200-300 immagini potrebbe risultare un buon prodotto e,
soprattutto, mi risolverebbe un problema.
Quale,
se è lecito saperlo?Quello che smettere, una volta per
tutte, di essere un fotografo famoso nel mondo per delle foto che
nessuno è in grado di vedere, confutare e giudicare visto che uno
dei più potenti uomini del mondo ha voluto ed ottenuto di censurare.
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia un tuo commento. sarà molto utile.